Secondo i dati della XIII Edizione dell’Osservatorio AUB (Aidaf, Unicredit, Bocconi) la percentuale di leader familiari è scesa di quasi l’8%. Questo sottolinea la tendenza, all’interno delle aziende, a coinvolgere leader non familiari.
Questo aspetto investe il tema del passaggio generazionale nelle aziende, un processo complesso e delicato che va pianificato con cura, per non incappare in rischi che possano compromettere la tenuta e il successo dell’azienda stessa.
“In Italia, il 65% delle imprese con un fatturato pari o superiore a 20 milioni di euro è rappresentato da aziende familiari. Ma famiglia, proprietà e impresa presentano area di sovrapposizione che spesso innescano conflitti e tensioni. Per questo occorre essere consapevoli e preparare piani strategici basati su razionalità economica e non sentimenti familiari.” afferma Guido Corbetta, professore alla Bocconi di Milano, titolare della Cattedra Aidaf -Ey di Strategia delle aziende familiari.

IL PASSAGGIO GENERAZIONALE

Secondo Corbetta, che è anche l’unico professore italiano a essere stato inserito da Family Capital nella lista dei 100 più influenti al mondo nel settore delle aziende familiari “per fronteggiare un mondo ormai estremamente imprevedibile, è sempre più necessario effettuare una distinzione nella successione aziendale tra proprietà, che avviene per eredità, e gestione aziendale, che dovrebbe avvenire per merito”.

GLI ERRORI IN UNA AZIENDA FAMIGLIARE

Non si possono stabilire regole generali specifiche per il ricambio generazionale nel mondo variegato delle aziende, ma si può tenere conto di alcune indicazioni di massima per capire cosa si dovrebbe evitare di fare.  “Cominciando dagli errori”, spiega Corbetta, che è anche vice presidente della società di consulenza WePartner, “il più rilevante è quello di dare precedenza agli equilibri familiari mettendo in secondo piano la competitività dell’impresa. Senza un’impresa forte non esistono famiglie forti. Il secondo è quello di non dedicare tempo a valutare l’evoluzione della proprietà e della famiglia in un periodo medio-lungo, diciamo 5-10 anni. Il terzo è quello di non monitorare l’evoluzione del processo di ricambio in corso in modo da intervenire ove ce ne fosse la necessità. Un quarto errore, infine, riguarda il mancato coinvolgimento di soggetti terzi – manager non familiari, consiglieri di amministrazione non familiari, consulenti – che possono aiutare a ridurre l’area delle emozioni e ad ampliare quella della razionalità”.