Ma pare che la sua origine a livello concettuale sia ancor più antica. Già nell’Impero romano, infatti, Giustiniano avrebbe ordinato agli scrivani pubblici di redigere gli atti ufficiali unicamente su carta con sopra indicato il nome del funzionario addetto alla cassa imperiale.
La sua diffusione è stata abbastanza rapida. Nel ‘600 la marca da bollo compare negli ordinamenti tributari di Campania, Lombardia, Toscana e Spagna, scatenando numerosi tumulti, come può accadere con l’imposizione di nuove imposte. Nello stesso secolo, anche Inghilterra, Francia, Piemonte e Genova hanno vissuto l’introduzione della marca da bollo, con giustificazioni diverse come i crescenti costi di guerra.
Nel corso del tempo alcuni Paesi hanno deciso di abolire la marca da bollo, chi in modo definitivo come la Germania (1991) e chi parzialmente come l’Austria (2002).
Dal settembre del 2007 le marche da bollo cambiano forma e diventano autoadesive e possono essere rilasciate da esercizi autorizzati o dall’Agenzia delle Entrate per via telematica.
È proprio da questo momento che le vecchie marche da bollo diventano pezzi da collezionismo e il loro valore aumenta ancor più negli anni successivi: quelli della definitiva dematerializzazione.
Il collezionismo di questi oggetti, molto simili nella forma ai francobolli, vede anche la coniazione di un neologismo: “fiscalfilia” che indica la disciplina che si occupa di analizzare le marche da bollo e la carta bollata.