In occasione della Giornata contro la violenza sulle Donne si sono giustamente moltiplicate le iniziative che hanno acceso un faro su questa drammatica situazione.
Molto si è parlato di violenza fisica e psicologica. Ancora troppo poco si parla di una violenza più subdola, ma altrettanto devastante: la violenza economica.
Subdola perché non lascia lividi sulla pelle delle donne, anche se spesso è una delle concause delle violenze fisiche e certamente ne è una aggravante che le acuisce.
Subdola perché spesso è difficile da individuare e in molte realtà sociali è ancora accettata proprio dalle stesse donne che faticano a riconoscerla come una vera e propria forma di violenza.
Tutte le soluzioni normative, sanitarie e sociali pensate e intraprese negli ultimi anni sono fondamentali, ma spesso sono azioni di interventi d’urgenza. Essenziali sicuramente, ma senza una reale indipendenza economica la donna sarà costantemente costretta a ritornare sotto il giogo del predominio maschile.
Senza la possibilità di mantenersi dignitosamente la donna sarà sempre assoggettata alle dipendenza di un partner, di un padre o di un parente.
Secondo un’indagine di Global Thinking Foundation e Roba da Donne, in Italia il 68,8% delle donne si dichiara economicamente autonoma a fronte di un 31,2% che dipende da partner o da altro familiare. Solo il 58% delle italiane ha un conto corrente intestato personalmente, il 12,9% ne ha solo uno intestato con il partner o altro familiare, e il 4,8 non ne ha nemmeno uno.
Questa mancanza di autonomia ha radici profonde. Deriva dall’antico stereotipo che vuole la donna incapace o comunque poco incline a gestire i soldi, a disporre in modo oculato del proprio stipendio o del budget famigliare.
Eppure proprio questa mancanza di indipendenza ha una stretta correlazione con la violenza di genere tanto che il 74% delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza riporta situazioni di sofferenza economica. Non possono usare liberamente il proprio reddito, non conoscono l’ammontare del denaro disponibile in famiglia e non partecipano attivamente alle decisioni su come gestire spese o investimenti familiari. Inoltre delle oltre 14mila donne che hanno chiamato il numero antiviolenza 1522 lavorano meno della metà.
Ne scriviamo oggi, che non è il 25 novembre, perché della violenza sulle donne se ne deve parlare sempre.
E questo faro acceso deve portare ad essere conseguenti, perché il contrasto alla violenza di genere va soprattutto applicato, non solo espresso a parole nei talk.